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L’atto creativo: Un modo di essere. Il processo creativo secondo Rick Rubin

La creatività, cos’è veramente? È una cosa che si può definire o quantificare? È un talento innato o la si può sviluppare? E che rapporto ha la creatività con l’arte?

Anche noi che lavoriamo nel marketing, a mio avviso a torto, a parte qualche eccezione, spesso ci “consideriamo” creativi. Ma cosa significa questo nella pratica? C’è un modo per “usare” la creatività, oppure allenarla, o dobbiamo considerarla come qualcosa che qualcuno ha e qualcuno no?

Queste sono domande a cui è difficile dare risposta, ma nel libro “L’atto creativo: Un modo di essere di Rick Rubin a qualcuna di queste potreste trovarla. Non è la classica guida pratica per artisti o musicisti (ammesso, e non concesso, che una guida per artisti possa essere scritta), ma piuttosto una riflessione profonda sul significato della creatività e su come viverla come parte integrante della propria esistenza.

Con il suo tono meditativo e riflessivo, Rubin ci invita a cambiare il nostro modo di percepire la creatività, trasformandola in un modo di essere piuttosto che in una semplice attività. Vediamo insieme i concetti principali che emergono da quest’opera, analizzando i punti di forza e le critiche che ha ricevuto.

Il libro di 372 pagine è suddiviso in 78 brevissimi capitoli, la copertina rigida è molto elegante e ne fa un oggetto da collezione. La versione audio è letta da Lorenzo Jovanotti Cherubini.

La creatività come stato dell’essere

Per Rick Rubin, la creatività non è solo il risultato di tecniche o competenze apprese nel tempo. Nel suo libro, egli sostiene che tutti siamo esseri creativi, indipendentemente dal fatto che ci consideriamo artisti o meno. La creatività è innata e, secondo Rubin, la chiave sta nel permettersi di esplorarla senza paura o pregiudizi. In questo senso, la creatività diventa un vero e proprio stile di vita, un modo di essere che richiede apertura, curiosità e soprattutto la capacità di abbracciare l’incertezza.

L’importanza del vuoto e della presenza

Uno degli aspetti centrali del libro è l’idea che la creatività abbia bisogno di spazio. Per Rubin, questo spazio si ottiene coltivando la presenza e la consapevolezza del momento. La creatività fiorisce quando siamo in grado di svuotare la mente dalle distrazioni quotidiane e lasciamo spazio a nuove idee. In un mondo dove siamo sempre sovraccarichi di stimoli, Rubin ci invita a trovare momenti di quiete per ascoltare quella voce interiore che spesso è soffocata dal rumore di fondo.

Un approccio filosofico e spirituale

Una delle caratteristiche più interessanti (e per alcuni critiche) del libro è il suo tono filosofico e quasi spirituale. Rubin parla della creatività come se fosse un processo sacro, accessibile a chiunque sappia entrare in sintonia con le forze più profonde dell’universo. Questo approccio ha affascinato molti lettori, che hanno trovato nel libro un vero e proprio manuale di vita. Altri, però, l’hanno considerato troppo astratto, difficile da applicare nella pratica quotidiana. Ad esempio, alcune recensioni critiche hanno evidenziato come il linguaggio usato da Rubin possa risultare complesso e vago, oscillando tra concetti spirituali e tecnici che non sempre riescono a chiarire il punto.

Io sono d’accordo con Rubin, la creatività è una cosa più profonda, spirituale. Se c’è qualcuno, fra quelli che ha criticato questo aspetto, che pensa che possa esserci un libretto di istruzioni per la creatività credo che abbia sbagliato pianeta. Non si può ridurre l’atto creativo umano a un algoritmo qualsiasi.

Rubin e la semplicità dell’atto creativo

Un altro concetto fondamentale che emerge dal libro è quello della semplicità. Per Rubin, la vera creatività non è complicata, non richiede attrezzature sofisticate o conoscenze tecniche avanzate. Al contrario, egli sostiene che l’atto creativo si manifesta nella sua forma più pura quando viene spogliato da tutto ciò che è superfluo. Questa visione ha ricevuto molte lodi, soprattutto da chi cercava un modo per liberare il proprio potenziale creativo senza sentirsi intrappolato in schemi rigidi o regole troppo restrittive.

Le critiche: quando l’astratto diventa troppo

Nonostante il successo del libro, non mancano le voci critiche. Alcuni recensori hanno definito il libro di Rubin “gonfiato” e “privo di essenza”, lamentando la mancanza di concretezza in molte delle sue idee. Un altro aspetto criticato è l’uso eccessivo di metafore e immagini che, in alcuni casi, risultano poco chiare o addirittura alienanti. Per esempio, Rubin descrive l’artista come un “vascello” e la creatività come una “distillazione”, concetti che, per alcuni, suonano più come chiacchiere da marketing che come vere intuizioni profonde.

Successo e fallimento: due facce della stessa medaglia

Un punto su cui molti lettori concordano, però, è la visione di Rubin riguardo al successo e al fallimento. Per lui, il fallimento è parte integrante del processo creativo e non va temuto, ma accolto come un’opportunità per crescere. Rubin sottolinea che la vera creatività si trova nella sperimentazione e che il valore di un’opera non dovrebbe essere misurato dal suo successo commerciale o dal consenso del pubblico, ma dalla fedeltà dell’artista alla propria visione. Questo messaggio ha risuonato con molti lettori, soprattutto quelli che lottano contro il perfezionismo e la paura del giudizio.

Conclusioni

In definitiva, L’atto creativo: Un modo di essere (titolo originale: The Creative Act: A Way of Being) è un libro che ha il potere di ispirare chi cerca una nuova prospettiva sulla creatività e la vita stessa. La sua forza sta nelle riflessioni profonde e nella capacità di farci vedere la creatività come un processo continuo, fluido e in costante evoluzione. Anche se il tono filosofico e l’approccio astratto possono non piacere a tutti, soprattutto a chi preferisce un metodo più pratico e strutturato. Per chi è alla ricerca di una guida per la vita creativa che gli permetta di esplorare nuovi territori mentali, questo libro potrebbe essere un’ottima scelta. In ogni caso, L’Atto Creativo di Rick Rubin rimane un’opera che spinge a riflettere e che, nel bene o nel male, lascia un segno.

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