Manifesto di Marketing Minimalista
Spesso alla fine di romanzi e/o film gli autori lasciano intuire ai lettori-spettatori qualcosa del prossimo “episodio“.
Negli ultimi giorni prima della pubblicazione di Marketing Spritituale sentivo un vuoto, era come se al libro, che era praticamente finito, mancasse qualcosa.
Inoltre avevo detto a mia sorella Cecilia, che mi stava preparando la copertina, di calcolare circa 160 pagine per lo spessore del dorso.
Ad impaginazione quasi ultimata però mi sono accorto che la mia stima si era rivelata errata, ero arrivato a 152 pagine, mi occorrevano ancora una decina di pagine. L’alternativa sarebbe stata far rifare la copertina calcolando nuovamente lo spessore del dorso.
Così ho deciso di scrivere altri due brevi capitoli, come appendici. Uno di questi si intitola “Marketing e Minimalismo” e nasce dall’idea di dare un seguito a “Marketing Spirituale” con un nuovo libro che proseguisse l’intuizione e la astraesse da un contesto temporale definito.
In modo da rendere queste idee valide a prescindere dal contesto dimensionale (spaziale e temporale) in cui esse si sarebbero venute a trovare di volta in volta, oggi come negli anni a venire.
Ho anticipato questa mia idea in un articolo di qualche giorno fa sullo “Slow Marketing” e voglio lasciarvi qui il testo integrale dell’Appendice A di Marketing Spirituale che trovate a pag. 147.
Marketing e Minimalismo
Cos’è il minimalismo?
Secondo il dizionario Collins il termine minimalismo è definito come: uno stile in cui un piccolo numero di cose molto semplici vengono utilizzate per creare un effetto particolare.
Sfido a trovare una definizione più concisa e completa di questa. Cercando online si trovano numerosi articoli che definiscono il minimalismo come arte (pittura, scultura, architettura, letteratura), come movimento filosofico, come stile di vita.
Secondo Joshua Fields Millburn & Ryan Nicodemus il minimalismo è il mezzo che può aiutare a trovare la libertà. Libertà dalla paura. Libertà dalle preoccupazioni. Libertà dalla sopraffazione. Libertà dalla colpa. Libertà dalla depressione. Libertà dalle trappole della cultura del consumo che abbiamo costruito intorno alle nostre vite. Vera libertà.
Ciò che riguarda davvero il minimalismo è la rivalutazione delle priorità in modo da poter eliminare le cose in eccesso – i beni, le idee, i rapporti e le attività – che non apportano valore alla tua vita. (Così scrive Colin Wright su exilelifestyle.com)
Cal Newport, professore di Computer science alla Georgetown University a Washington DC, nel suo libro Minimalismo Digitale (ROI Edizioni, 2019) analizza questa filosofia applicata alle moderne tecnologie. Egli afferma che la nostra:
“spinta a controllare […] o ad aggiornare […] diventa un tic nervoso che sgretola il tempo che abbiamo a disposizione in frantumi troppo piccoli per consentire la presenza necessaria per una vita consapevole”.
Siamo bombardati da notifiche e notizie da ogni parte, il semplice fatto di avere uno smartphone in tasca ci distrae dalla vita reale. Quante volte senza rendercene conto prendiamo i nostri dispositivi e li guardiamo per assicurarci di non aver perso nemmeno una notifica?
Basta sentire il trillo di un messaggio di testo appena ricevuto che subito la nostra attenzione viene inconsciamente dirottata e fa scattare una voglia irrefrenabile di controllare il cellulare, qualsiasi cosa stavamo facendo. Viviamo nell’era delle interruzioni.
La filosofia minimalista si sposa molto bene con il marketing spirituale.
Capita spesso che i clienti mi chiedano: “dobbiamo essere presenti ovunque“, o “perché il nostro competitor c’è e noi no“?
Se è vero che il 20% dei canali pubblicitari produce l’80% del fatturato (Principio di Pareto) ed il tempo da dedicare ad ogni canale è pressoché lo stesso (a volte capita che i canali migliori necessitino di meno “manutenzione” rispetto agli altri), perché non dedicare una parte di questo tempo (anche solo il 20%) a fare “cose nuove”, come meditazione, ricerca e sviluppo, formazione, attività di gamification all’interno dell’azienda; piuttosto che inserire l’ennesimo canale pubblicitario che apporterà un miglioramento pari allo “zero virgola qualcosa” del fatturato?
Un buon numero di aziende con le quali ho lavorato, inoltre, si trova, in alcuni periodi dell’anno, nella situazione di non riuscire a gestire logisticamente la mole degli ordini che arriva, quindi, ancora una volta, perché non potenziare il reparto logistico e l’assistenza clienti piuttosto che aprire un nuovo canale pubblicitario?
Anche nel marketing quindi si può ricorrere al decluttering neologismo adottato dall’inglese e riferito alla pratica di liberarsi degli oggetti vecchi o inutili (“il fare ordine”).
Fare pulizia, liberarsi dagli sprechi, liberarsi dai canali pubblicitari il cui ritorno sull’investimento è inferiore alla media degli altri a fronte di un pari o superiore investimento di tempo (soprattuto) e denaro.
Ricordarsi anche che i clienti potenziali e affezionati sono già bombardati, così come dicevamo prima, da annunci pubblicitari aggressivi e da una miriade di notifiche, perché continuare a tormentarli?
Viviamo in un mondo in cui ognuno di noi è esposto dai 4000 ai 10000 annunci pubblicitari al giorno “uno tsunami di pubblicità, cartelloni, etichette, annunci su Facebook, annunci su Google, annunci sul telefono o su qualsiasi cosa un’azienda possa produrre per attirare la tua attenzione e costringerti ad acquistare“.
Photo by bongkarn thanyakij from Pexels
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