Oltre l’Eresia: Influenza di Giordano Bruno sulla Filosofia e sulla Scienza
Non sono mai riuscito a leggere Giordano Bruno a causa della complessità del suo italiano del ‘600 anche se il suo personaggio e le sue idee mi hanno sempre affascinato, da quando frequentavo il liceo classico a lui intestato, e tanto da utilizzare l’immagine della sua statua sita a Campo de’ Fiori a Roma come profilo su diversi social soprattutto in questi ultimi anni di “strani avvenimenti”.
Pochi mesi fa decido di acquistare un’edizione adattata in italiano moderno di uno dei suoi più famosi trattati “De l’Infinito, Universo e Mondi” a cura di Manuela Maddamma delle Edizioni Venexia. In questo modo sono riuscito ad approcciare alla lettura in modo piacevole e interessato.
Non è questo il luogo dove parlare della vita e del pensiero di Bruno, anche perché se non sono riusciti a fare chiarezza sull’uomo esimi studiosi negli ultimi quattro secoli e in innumerevoli trattati filosofici, non oserei farlo io in un semplice articolo di blog. Non sono inoltre il tipo da ritenere autorevole ciò che questi “illustri dotti accademici” pensano di aver capito su cosa questo o quel pensatore volesse dire nei suoi scritti, ma cerco semplicemente di apprezzarne la forma e il contenuto e di intuire quello che, per me, questi volessero dire.
“De l’Infinito Universo et Mondi“, stampato per la prima volta a Venezia nel 1584, rappresenta una delle opere forse più conosciute di Giordano Bruno. Questo trattato, diviso in cinque dialoghi, presenta una visione audace e innovativa, per l’epoca, e almeno fino al ‘900, dell’universo e degli infiniti mondi abitati.
Nell’opera, Bruno esplora la sua concezione di un universo infinito, senza limiti o confini definiti. Rifiutando l’idea di un universo geocentrico e finito, Bruno sostiene che l’universo sia composto da un numero infinito di mondi, ognuno dei quali con le proprie caratteristiche, pianeti e/o stelle, e abitati da esseri intelligenti.
La teoria dei mondi multipli di Bruno era in netto contrasto con la visione predominante dell’epoca. Secondo la concezione tradizionale, la Terra era considerata il centro dell’universo e gli altri corpi celesti orbitavano attorno ad essa.
La sua visione dell’infinità dell’universo si basava sulla sua convinzione che il potere divino non potesse essere limitato o circoscritto. Bruno abbracciava una concezione immanentistica e panteistica della divinità, in cui Dio era presente in ogni parte dell’universo, animando ogni stella e ogni creatura, e quindi che va cercato in tutte le cose.
In “De l’Infinito Universo et Mondi“, Bruno discute anche argomenti come la natura del tempo, l’eternità dell’universo e l’interconnessione tra tutti gli elementi. Le sue argomentazioni sono presentate attraverso i cinque dialoghi tra personaggi, ognuno dei quali rappresenta una posizione filosofica o teologica diversa.
L’opera di Bruno, pur essendo estremamente audace e innovativa per l’epoca, non ottenne un’ampia diffusione o accettazione durante la sua vita. Tuttavia, nel corso dei secoli successivi, le sue idee hanno influenzato numerosi filosofi, scienziati e pensatori. La concezione di un universo infinito e dei mondi multipli ha avuto un impatto duraturo sulla filosofia della natura, la cosmologia e la ricerca scientifica.
Ma cosa ho trovato io in questo scritto di Bruno? Ammetto che mi ha convinto. Se fossi stato un uomo dell’epoca devo confessare che il modo in cui i vari argomenti vengono trattati sono attraenti e accompagnano la ragione verso una verità che a quel tempo non era né chiara né accettata.
Inoltre ho visto in questo trattato anticipate, almeno come concetti embrionali, teorie e leggi che verranno poi accettate e/o scoperte solo decenni se non secoli dopo. Per esempio la legge di gravitazione universale (formulata da Newton nel 1987 oltre 100 anni dopo la pubblicazione di questo trattato) la percepisco così viva in questo passo:
“Ora qui non c’è alcun bisogno che un corpo pesante vada infinitamente verso il basso, ma come questo corpo pesante tende ad avvicinarsi al corpo che gli è più prossimo e per natura affine, così quest’ultimo farà lo stesso per quello che gli è più prossimo e più affine, e così via.”
Ed in quest’altro passo non è difficile leggerci la teoria della deriva dei continenti (introdotta nel 1912 da Alfred Wegener):
“L’aspetto di queste superfici non cambia che a grandi intervalli di ere e di secoli, nel corso dei quali i mari cambiano in continenti, e i continenti in mari.”
Forse, e questo è l’ultimo esempio che lascio in questo articolo, ha addirittura anticipato la teoria del “campo totale” solo intravista da Einstein nella prima metà del ‘900 e poi ipotizzata dalla fisica quantistica:
“Ma sappiamo che esiste un campo infinito, uno spazio contenente che abbraccia e penetra il tutto, e in esso si trovano infiniti corpi simili al nostro, dei quali nessuno e più al centro dell’universo dell’altro”.
Di questo ne avevo parlato qualche anno fa in un mio libro “eretico” sul marketing, Lentamente, ma, ahime, allora non ancora avevo letto Bruno (cito in quella circostanza scritti di Einstein e di madame Blavatsky).
Quindi è possibile che gli scritti di Giordano Bruno, oltre ad aver anticipato alcune conoscenze scientifiche degli ultimi quattro secoli, ce ne possano indicare altre a venire?
E dico questo avendo letto solo uno dei dialoghi in italiano, ma la produzione di Bruno è enorme… riuscirò in questa vita, forse in pensione, a leggere un trattato come le “Opere Magiche” di oltre 1700 pagine?
Potrei continuare a scrivere ancora a lungo, potremo parlare dell’esistenza di creature extraterresti intelligenti, come o più di noi, ma preferisco fermarmi qui. Conosco ancora troppo poco Giordano Bruno per dire altro… vorrei però concludere con una frase, una brevissima mia poesia ermetica, che ho pubblicato sul mio libro “Silenzio” intitolata appunto “Infinito“:
“Un’infinitesima probabilità (possibilità) all’infinito è certezza”.
L’Universo è Infinito.
Tutto è possibile!