Segnale vs Rumore: Troppi Dati Rendono le Statistiche Prive di Significato?
Lavoro nel marketing digitale da oltre 15 anni. Fino a pochi mesi fa ho avuto una sensazione che non ero mai riuscito a manifestare in modo esplicito fino a quando ho letto il libro “Antifragile” di Nassim Nicholas Taleb. Avevo provato a definire questa intuizione nei primi capitoli di “Marketing Spirituale” senza tuttavia avere avuto il coraggio di esternarla pienamente. Forse a causa di quei meccanismi psicologici che ci spingono, come un gregge di pecore, a seguire gli “esperti” più famosi e le opinioni più diffuse senza metterli in discussione.
Oggi, dopo anni di esperienza e decine di milioni di euro di budget pubblicitario gestito, lavorando ogni singolo giorno su fogli excel pieni di statistiche, posso definire in modo più articolato questa fisima che domina incontrastata nel settore del web marketing: l’ossessione per i dati. Tutti, dai consulenti, agli imprenditori, ai manager, sembrano dare più importanza a un foglio di calcolo che all’esperienza sul campo o all’osservazione della realtà. In questa frenesia di numeri e statistiche non si rendono conto di un problema fondamentale: molti di quei dati non sono altro che rumore. E più si concentrano su questo rumore, più perdono di vista il segnale, ossia le informazioni veramente utili per prendere decisioni strategiche.
Una delle frasi più popolari in questo mondo è “i dati sono il nuovo petrolio” attribuita al matematico Clive Humby. Ed è così. I dati sono una miniera d’oro per quelle piattaforme che li vendono sotto forma di “attenzione degli utenti“. Ma siamo sicuri che questa abbondanza di dati sia davvero la chiave per comprendere meglio i consumatori e prendere decisioni strategiche efficaci? O forse, come suggerisce Nassim Nicholas Taleb nel suo libro, stiamo cadendo nella trappola del “rumore” e rischiamo di perdere di vista ciò che conta davvero, ossia il segnale? Taleb sostiene che l’eccesso di dati, anziché aiutarci, possa portare alla paralisi decisionale e a conclusioni completamente fuorvianti. Ma come possiamo distinguere tra ciò che è significativo e ciò che invece ci confonde?
Dati, dati ovunque: ma cosa significa davvero?
Viviamo nell’era del Big Data. Ogni click, ogni visita, ogni interazione sui social media genera una mole impressionante di informazioni. Siamo circondati da grafici, tabelle e report che pretendono di dirci cosa sta accadendo. Ma se ci fermiamo a riflettere, quante di queste informazioni sono davvero utili per prendere decisioni concrete?
Taleb ci mette in guardia da un’illusione pericolosa: credere che più dati significhino automaticamente più comprensione. In realtà, spesso accade il contrario. “Troppi dati rendono le statistiche del tutto prive di significato”, afferma Taleb, e con ragione. Più controlliamo i numeri, più siamo esposti a variazioni casuali che ci portano a conclusioni errate. È il classico errore di confondere il rumore con il segnale.
Nel prendere decisioni economiche e gestionali, affidarsi ai dati provoca gravi effetti collaterali: oggi, grazie alla connettività, i dati abbondano, e la proporzione di dati spuri aumenta quanto più ci si immerge in essi. I dati hanno una proprietà che raramente viene trattata: sono tossici in grandi quantità, e persino in quantità moderate. […]
Più spesso controllate i dati, più rumore otterrete, e in maniera sproporzionata (invece di ricavare la parte utile, cioè il segnale).
Il rumore nel marketing: una trappola invisibile
Ma cos’è questo “rumore“? Nel contesto del web marketing, il rumore può essere visto come tutte quelle informazioni che, pur essendo disponibili, non sono rilevanti per l’obiettivo finale. È un po’ come cercare di ascoltare una canzone in mezzo a un temporale: il suono è lì, ma è distorto da una quantità eccessiva di rumori di fondo.
Taleb descrive il rumore come una generalizzazione di informazioni casuali e inutili. Per un marketer, questo potrebbe significare dati su metriche irrilevanti o fluttuazioni giornaliere che ci distraggono dalle tendenze più significative. Pensiamo ad esempio ai report giornalieri sulle performance di una campagna pubblicitaria: quanto è utile analizzare ogni piccola variazione nelle impressioni, nel budget o nei click? È davvero informazione utile o solo rumore che ci porta a decisioni impulsive?
Aggiungiamo ora l’aspetto psicologico: non siamo fatti per comprendere questi concetti, quindi reagiamo al rumore in modo eccessivo ed emotivo. La soluzione migliore consiste nel considerare soltanto i grandi cambiamenti nei dati o nei presupposti, mai quelli piccoli. […]
Ci ritroviamo così a vivere in un mondo sempre più fragile, pensando invece che sia sempre più comprensibile. […]
Ho fatto molta fatica a spiegare che più dati si ottengono, meno si saprà che cosa accade, e più iatrogenicità ci sarà. Le persone vivono ancora nell’illusione che «scienza» significhi più dati.
L’eccesso di reattività: quando i dati ci fanno prendere decisioni sbagliate
Un problema particolarmente acuto nel web marketing è l’iper-reattività ai dati. Taleb descrive una situazione classica nelle grandi aziende: grazie ai sofisticati sistemi di raccolta dati, i manager sono bombardati da statistiche “tempestive”. Queste statistiche ci spingono a reagire in modo eccessivo a cambiamenti minimi, confondendo il rumore con il segnale.
Immagina di gestire una campagna su Google Ads e di vedere, un giorno, un improvviso calo delle conversioni. Invece di osservare la tendenza generale e aspettare che il mercato si stabilizzi, potresti essere tentato di intervenire immediatamente, cambiando strategia o target. Eppure, nella maggior parte dei casi, quella fluttuazione potrebbe essere solo rumore e, agendo troppo velocemente, rischi di danneggiare una campagna che avrebbe potuto rivelarsi efficace nel lungo termine.
Taleb ci insegna che il problema non è solo nella quantità di dati, ma nel modo in cui li utilizziamo. Più ci immergiamo nei numeri, più rischiamo di essere influenzati da piccole variazioni insignificanti.
La tossicità dei dati in eccesso
Un altro aspetto che Taleb sottolinea è che i dati, in grandi quantità, possono essere tossici. Può sembrare un paradosso: come può qualcosa di così prezioso diventare dannoso? Eppure, anche nel web marketing, l’abbondanza di dati può portare a quella che viene chiamata “iatrogenesi“, ovvero il danno causato da un intervento eccessivo. Più monitoriamo una campagna pubblicitaria, più rischiamo di reagire in modo esagerato a variazioni casuali. Alla fine, il nostro intervento può fare più male che bene.
Nel contesto del marketing digitale, questo concetto si traduce nella necessità di adottare un approccio più “stoico” verso i dati. Dobbiamo imparare a non farci prendere dal panico davanti a ogni minima fluttuazione e a non confondere la variazione casuale con un reale segnale di cambiamento.
L’illusione della conoscenza
Un altro aspetto fondamentale del pensiero di Taleb è l’illusione che più dati portino a una maggiore comprensione. In realtà, più dati raccogliamo, più aumentano le correlazioni spurie, ovvero quelle relazioni apparenti tra variabili che in realtà non esistono. Questo è particolarmente pericoloso nel marketing, dove siamo spesso tentati di cercare “pattern” o tendenze nei dati per giustificare una decisione strategica.
Ad esempio, potremmo scoprire che in una determinata regione gli utenti cliccano più spesso su un annuncio quando il tempo è nuvoloso. Ma è davvero una correlazione significativa, o semplicemente una coincidenza? Taleb avverte che i dati possono essere ingannevoli, e il rischio è che i marketer, sotto pressione per ottenere risultati, scelgano di enfatizzare queste correlazioni casuali per giustificare le proprie decisioni.
La tragedia dei Big data. Più le variabili sono numerose, più aumentano le correlazioni che nelle mani di un ricercatore «esperto» possono apparire significative. Gli errori crescono più rapidamente dell’informazione; sono non lineari (convessi) rispetto ai dati.
La soluzione: meno è meglio
La soluzione che Taleb propone è sorprendentemente semplice: meno è meglio (less is more, che ho provato a trattare nel mio libro “Lentamente” il cui titolo provvisorio era “Marketing Minimalista“). Invece di cercare di raccogliere e analizzare ogni singolo dato disponibile, dovremmo concentrarci su quelli che realmente contano. Cerchiamo di evitare il rumore.
Nel web marketing, questo si traduce in un approccio più rilassato e meno ossessionato dalle metriche quotidiane. Bisogna imparare a ignorare le piccole fluttuazioni e concentrarsi solo su quelle informazioni che possono davvero fare la differenza.
Imparare a filtrare (e rilassarsi)
In questo nostro mondo sovraccarico di tutto, soprattutto di dati, la sfida più grande non è più quella di raccogliere informazioni, ma di filtrare il segnale dal rumore. Come ci insegna Taleb, più dati non significano necessariamente più conoscenza. Anzi, spesso ci portano a decisioni sbagliate, frutto di correlazioni spurie e interpretazioni errate.
La modernità offre troppe variabili (ma dati insufficienti per ciascuna variabile) e le relazioni spurie aumentano molto, molto più in fretta dell’informazione reale, poiché il rumore è convesso e l’informazione è concava.
Per i marketer, la lezione è chiara, questo non è un lavoro facile. Nessuno ha la bacchetta magica e ci sono cose che non si possono prevedere neanche se si hanno tutti i dati di questo mondo e la potenza di calcolo necessaria per elaborarli. I dati inoltre “possono sempre più offrire una conoscenza per via negativa: possono essere usati in maniera efficace per falsificare, non per confermare“. Non ci sono istruzioni che funzionano per tutti, forse è meglio prestare meno attenzione ai dettagli irrilevanti e fidarsi un po’ più del proprio intuito. In questo modo potremo sperare prendere decisioni veramente consapevoli e non farci ingannare dal rumore di fondo. Il mio consiglio ultimo è di leggere, leggere tanto. Non solo saggi, anche narrativa e classici. La mente deve essere aperta. E soprattutto non fidatevi delle opinioni altrui senza prima aver approfondito, anche se queste opinioni vi sembrano autorevoli.
Ps. Avrei voluto inserire più citazioni fra un paragrafo e l’altro. Avrei forse fatto prima a fare un copia/incolla del libro di Taleb, cosa che non è possibile per ovvie questioni di copyright. Le citazioni in questo articolo sono tutte tratte dal capitolo 7 e in minima parte dal capitolo 24 del libro “Antifragile” che vi consiglio vivamente di leggere.